Per cominciare, ci racconti come e quando è iniziato il tuo percorso artistico?
Non ricordo precisamente il momento in cui il mio percorso artistico ha avuto inizio. Disegnare, fare figure di plastilina, da quando ricordo – forse all’età di tre anni – faceva per me parte della realtà osservabile. Volevo creare le cose che mi piacevano, appropriarmi delle avventure, degli animali, fare parte delle situazioni, ero lì, come fanno i bambini, non certo mossa da ambizioni… comunque ho riscosso certi successi artistici già all’inizio della scuola materna.
In che modo e da che cosa trovi ispirazione per realizzare le tue opere?
Anche i meccanismi che muovono la mia ispirazione sono piuttosto simili, “interiori”, non c’è nessuna pragmatica ricerca, semplicemente rimugino ogni volta che mi capita di ammirare o desiderare qualcosa, come provare paura, imbattermi in un mistero o in un problema, un dispiacere, qualcosa che mi impedisce di vivere come voglio. Rimugino e ripeto il processo, osservo come sono fatti gli oggetti del mio interesse e anche quelli indesiderati, spaventosi, penso a come realizzare le cose che voglio possedere, i loro surrogati, esattamente come facevo da bambina. Ispirazione è questo e arriva da sola. Ovviamente nelle mie ricerche spesso ottengo risultati assai diversi dalle aspettative…
Quali sono i generi e i modi espressivi che prediligi?
Fondamentalmente realizzo installazioni: così si potrebbe definire il mio modo di esprimere il risultato delle mie considerazioni. Fare un’installazione significa costruire uno spazio dedicato ad un concetto. Mi affascina la fisicità, la presenza organica, mi attira il processo di costruzione di una forma e poi un suo ambiente tridimensionale, la realizzazione di una base ancestrale di simulacri dell’organismo e la verifica della natura della loro apparenza. Mi piace paragonare le sembianze dell’organismo creato con la verità. Mi piace la bellezza – falsa promessa di felicità – e la bruttezza, non sempre così difficile da ammirare. Uso spesso l’argilla perché è un materiale estremamente versatile, piacevole al tatto, quasi inodore, bello e comune – si può affermare lo stesso su poche altre cose. Non utilizzo la ceramica in modo esattamente filologico. Realizzo in terracotta la maggior parte degli elementi e solo dopo aggiungo altri materiali, come resine, vetro, metallo. Mi piace preparare gli ambienti adeguati per i miei oggetti – molto spesso utilizzo video e sopratutto la fotografia digitale, come mezzo anche indipendente dalle installazioni. Questi media offrono le possibilità di riprodurre alcuni oggetti o fenomeni, permettono il riposizionamento di grandi fette del paesaggio e la loro sovrapposizione con immagini di altre realtà.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere al pubblico tramite le tue opere?
Naturalmente esiste un cospicuo numero di messaggi che vorrei trasmettere al pubblico. Penso di non avere un’idea fissa in tutti i miei lavori, a parte forse una permanente paura della totale entropia del sistema relazionale umano e della diffusione multilivello di uno stile di vita basato sul consumo di massa. Una simile situazione farebbe perdere ogni senso a qualsiasi espressione non sufficientemente primitiva per essere alla portata di eventuali masse ignoranti. Comunque, sono convinta che sia il fruitore a rendere possibile la trasmissione, o la lettura, e ogni mente può produrre idee relativamente estranee all’intento dell’artista. E va benissimo così.
Come ti poni nei confronti dell’arte del passato e ci sono artisti che hanno ispirato la tua produzione artistica?
Penso che qualsiasi opera d’arte rimanga per sempre tale e, al tempo stesso, appare contemporanea, realizzata ovviamente con i media del proprio tempo, ma senza smettere mai di funzionare nel contemporaneo. Ci sono centinaia di opere che dovrei menzionare e centinai di artisti, ma mi limito all’arte degli antichi Egizi, specialmente del regno di Akhenaton, e alla filmografia di David Lynch.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese e in che modo ritieni che un artista possa emergere?
Purtroppo non ho idea di come funzioni il sistema dell’arte in generale e specialmente in Italia, non so veramente come possano sopravvivere le gallerie interessate all’arte contemporanea. La cosa mi inquieta! Fortunatamente esistono associazioni culturali – come Arteam – che organizzano concorsi e rendono possibile esporre al pubblico il lavoro di artisti, sfortunatamente, privi di conoscenze private.
A cosa stai lavorando ora e quali sono i tuoi progetti futuri?
Farò parte della mostra dei finalisti di Arteam Cup 2017 al BonelliLab di Canneto sull’Oglio. Inoltre sarò tra gli artisti di “Art Site – residenze reali”, progetto che inaugura il 15 ottobre al Castello di Racconigi, a cura di Domenico Maria Papa. A novembre parteciperò alla mostra dei finalisti del Premio Carlo Bonatto Minella, a Torino, in occasione di Artissima.